venerdì 30 novembre 2012

Per una definizione di competenza comunicativa interculturale

È impossibile non comunicare senza che questo abbia delle implicazioni culturali: qualunque interazione umana è di per sé vincolata ad un contesto definito da coordinate spaziotemporali – un setting – e ad una serie di sottintesi, riguardanti il bagaglio culturale dei soggetti coinvolti nell’atto comunicativo, che si riferiscono ad una particolare visione del mondo (scene).
Nel 1962 lo studioso Dell Hymes indicava con il termine situation sia il setting, sia la scena culturale di un evento comunicativo.
Berruto (1974) nel definire la competenza socioculturale come la capacità di riconoscere le situazioni sociali e le relazioni di ruolo che influenzano la comunicazione, vi fa rientrare anche la capacità di individuare i significati e i tratti distintivi di una determinata cultura.
Tra le varie competenze nelle quali declina il concetto di competenza comunicativa, Coppola (2009) annovera: la competenza culturale, che chiama in causa la scena culturale, le norme socio-culturali e i valori dei partecipanti; la competenza transculturale che si sviluppa attraverso un confronto tra culture diverse e quella interculturale, che nasce dall’incontro tra culture. Queste ultime due competenze mettono a fuoco l’aspetto della variabilità culturale.
Secondo Fantini (2005) la competenza comunicativa interculturale “…è quel complesso di abilità necessarie ad agire in modo efficace e appropriato nell’interazione con altri che sono linguisticamente e culturalmente diversi.”
Se partiamo dall’assunto che comunicare, tra soggetti appartenenti a culture diverse, vuol dire mettere in relazione diverse rappresentazioni  della realtà - emittente e destinatario rappresentano due mondi che si incontrano ed interagiscono - la competenza comunicativa interculturale può essere definita come la capacità di relazionarsi con gli altri in un ambiente comunicativo multiculturale.
Possederla significa saper decodificare le varie differenze di tipo culturale presenti in un atto comunicativo e saper interpretare e produrre messaggi adeguati alle nostre intenzioni; cioè, saper comunicare rispettando le diversità culturali. Questa competenza richiede un notevole grado di apertura intellettuale.
La nozione di competenza comunicativa interculturale (abbreviata in CCI o competenza interculturale) si può trovare associata anche ad altre etichette verbali: competenza internazionale, competenza multiculturale, competenza cross-culturale, ecc.

Il modello di CCI proposto da Byram

Secondo Byram (1997) possiede una competenza interculturale chi conosce più culture e ha la capacità di scoprire nuovi mondi e rapportarsi ad interlocutori provenienti da contesti altri rispetto a quello di provenienza.
Byram identifica quattro caratteristiche che chiama, rispettivamente, attitudini (come l’empatia, la curiosità), conoscenze, abilità di scoprire e interagire con nuove realtà e abilità quali quelle di confronto, interpretazione, messa in relazione con l’altro; la combinazione di questi quattro elementi caratteriali e abilità porta alla formazione di una consapevolezza culturale critica. È la cultural awareness, ovvero la presa di coscienza di sé, dei propri modelli culturali e, quindi, di quelli della cultura straniera.

La comprensione delle differenze culturali

La competenza interculturale ha a che fare con concetti quali: significato culturale, traduzione, polisemia, realtà simbolica, rappresentazione e interpretazione del mondo, comunità linguistica, sistema di credenze. Spesso, nel passaggio da una lingua ad un'altra, si incontrano locuzioni e modi di dire molto simili, ma che si traducono in modo diverso. Queste sono differenze culturali. Prendiamo in considerazione l’espressione italiana “una rondine non fa primavera”. Nella lingua inglese suona così: “One swallow doesn’t make a summer”; questo perché, a causa delle diverse condizioni climatiche, le rondini in Gran Bretagna fanno ritorno dalle loro migrazioni in estate, non in primavera come in Italia. La presenza di valori culturali non condivisi dai parlanti può provocare problemi di comunicazione, incomprensioni o veri e propri "incidenti interculturali". Zorzi cita un esempio di “incontro molto problematico" fra un belga e un africano. Come si può dedurre da questi esempi, la comprensione delle differenze culturali è alla base della competenza comunicativa interculturale.

sabato 24 novembre 2012

Alcuni ambiti di applicazione di specifiche competenze comunicative: psicoterapia, psichiatria e counselling in Australia.

Ambito psicologico.
Gli psicologi sono esperti del comportamento umano. Gli psicologi clinici utilizzano specifiche diagnosi e si occupano del trattamento delle malattie mentali attraverso competenze comunicative che consentono di entrare in empatia con i pazienti, individuare le loro mappe mentali e ristrutturare gli schemi di pensiero.
La maggior parte degli psicologi aiuta anche le persone mentalmente sane a trovare modalità di miglioramento della proprio comportamento. Ad esempio, "allenano" le persone a gestire lo stress e i problemi familiari.
Le terapie psicologiche sono anche ampiamente utilizzate da gruppi e organizzazioni; per l'utilizzo dei farmci, ci si rivolge invece a uno psichiatra o ad un altro genere di medico

Ambito psichiatrico.
Uno psichiatra è un medico qualificato che ha ottenuto specializzazioni supplementari per diventare un esperto nella diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie mentali e dei problemi emotivi sia con l'ausilio dei farmaci che con l'utilizzo ti tecniche simili a quelle dello psicologo a differenza del quale, ricorre o può ricorrere alla terapia farmacologica come esclusiva forma di cura.

Ambito counselling.
Un counselor è un professionista che assiste le persone "nello sviluppare la comprensione di se stessi e nell'apportare modifiche alla loro vita attraverso modalità che creano sintonia comunicativa con chi fruisce del supporto del counsellor. Pur non idagando a fondo problemi affrontati specificamente dalla psicoterapia o dalla psichiatria, il counsellor dispone comunque di un ampio raggio di azione nel sostenere il cliente nella ridefinizione del suo pensiero, emozioni, stile di vita, approccio ai problemi e loro soluzione.

Secondo la Psychotherapy and Counselling Federation of Australia (PACFA - www.pacfa.org.au) è previsto che i counsellor "lavorino all'interno di una relazione basata sui principi chiaramente definiti che consente agli individui di esplorare e risolvere problemi di natura personale, interpersonale o intrapsichica".

Ci sono diversi tipi di counsellor come il counsellor della riabilitazione, il counsellor matrimoniale e/o familiare, il cousellor scolastico ecc, e ciascuno può avere diverse qualifiche ed esperienze a vario livello, e quindi richiesti da un ampio panorama di potenziali clienti.

In Australia non c'è nessun riferimento ad una formazione minima e ad una specifica qualifica anche se molti consulenti sono membri volontari di associazioni di couselling professionale e stanno lavorando in questa direzione attraverso la PACFA, il loro corpo di picco. La PACFA mantiene un registro volontario nazionale dei counsellor e degli psicoterapeuti che hanno soddisfatto il suo standard minimo di formazione.

Competenza comunicativa e marketing


La parola inglese marketing vuol dire fare mercato, è il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività di ideazione, attribuzione di prezzo, promozione e distribuzione di idee, prodotti e servizi allo scopo di generare scambi che soddisfino il bisogno di persone e organizzazioni. La comunicazione è un mezzo di cui il marketing si serve per determinare alcune caratteristiche del prodotto e gestire lo scambio di cui il prodotto è oggetto. Il prodotto principale, attraverso lo scambio del quale l'organizzazione si prefigge profitto (per un'azienda privata) o utilità sociale (organizzazione pubblica) è il punto di riferimento di tutte le attività di scambio, la comunicazione è uno strumento del marketing, subordinata ad esso come accade per la produzione e la distribuzione. Di recente la comunicazione del marketing ha approdato su internet che si differenzia dagli altri medium per la sua interattività, aumentando il coinvolgimento del fruitore e quindi l'utilità percepita. Internet consente, infatti, rispetto ai media tradizionali una fruizione personalizzata dei contenuti. È una comunicazione di tipo pull dove alla creazione, distribuzione e fruizione intervengono potenzialmente i fruitori grazie alle caratteristiche dei social sotfware: reciprocità, significatività, istantaneità, multimedialità, multidevice, partecipazione.
Il mercato (mondo del commercio) si avvale sia della comunicazione persuasiva, prevalente dal punto di vista esterno, che di quella obiettiva.
La comunicazione del marketing è orientata all'aumento delle vendite, incremento delle quote di mercato, miglioramento della notorietà e dell'immagine: dare valore al brand. Viene esercitata attraverso:
  1. il prodotto: sono le caratteristiche del prodotto su cui posso lavorare ed agire; può essere un bene fisico o un servizio; è importante la sua qualità con questa parola non si intende la qualità tecnica, ma l'adeguatezza del prodotto alle attese del consumatore. Può volere dire offrire al bar un cioccolatino o un bicchiere d'acqua insieme al caffè, senza che venga richiesto dal cliente. Una variabile importante è la confezione (packaging), detta venditore silenzioso: alcuni clienti scelgono il prodotto solo sulla base della confezione, scegliendo tra tanti beni uguali con caratteristiche uguali. La confezione non solo mantiene integro, protegge il prodotto, facilita il trasporto e l'utilizzo, ma ha una funzione rilevante di comunicazione, attirando l'attenzione del cliente, inducendo all'acquisto. Questo è particolarmente importante per le piccole aziende che non possono permettersi campagne pubblicitarie, per le quali lo scaffale resta il mezzo esclusivo di comunicazione con il cliente. Un'altra variabile è costituita dalla marca (brand), elemento di successo che ha il fine di identificare il prodotto, distinguerlo dagli altri, fidelizzare il consumatore, garantire lo stesso in termini di qualità. La marca è un capitale immateriale molto lento e difficile da costruire, che ha bisogno di “richiami” promozionali periodici, che può perdere valore velocemente. Con la strategia della gamma e dell'assortimento, lo stesso prodotto può essere leggermente modificato per soddisfare bisogni diversi (una automobile può diventare “giovane e sportiva” aggiungendo determinati optional). I servizi accessori pre e post vendita sono una variabile comunicativa rilevantissima. Altri servizi accessori che diventano sempre più rilevanti sono la comodità di raggiungimento, un parcheggio coperto e spazioso, fare la spesa senza fare la fila alle casse, possibilità di finanziamenti.
  2. Posto (luogo di vendita): utilizzo del canale di distribuzione, cioè passaggi di beni e servizi da un operatore all'altro per pervenire al consumatore. La scelta del canale incide sul prezzo finale del bene. L'aumentato potere della grande distribuzione contemporanea alla chiusura di molti esercizi al dettaglio, ha modificato i rapporti con i fornitori. Questi ultimi studiano nuovi strumenti di comunicazione per valorizzare il proprio prodotto sullo scaffale (trade marketing); anche il consumatore ha modificato la sua strategia comunicativa: è sempre meno fedele alla marca del prodotto e sempre più fedele al punto di vendita abituale. La forza di vendita di un'azienda può essere diretta (venditori dipendenti che hanno rapporti stretti e continuativi con la sede aziendale) o indiretta (agenti, meno costosi per l'azienda, ma anche meno controllabili).
  3. Prezzo: la sua scelta è funzionale alla domanda del prodotto; prezzi dei prodotti concorrenti (nel fissare il prezzo l'azienda tiene conto dei prezzi dei concorrenti); costi interni del prodotto (tiene conto dei prezzi di produzione del prodotto); prezzo di scrematura (applicato nella fase di lancio del prodotto); prezzo di penetrazione (relativamente basso per raggiungere un alto volume di vendite); prezzo discriminatorio (lo stesso prodotto confezionato diversamente presentato su un canale distributivo diverso); prezzo civetta (riduzione del prezzo su un prodotto per attirare i consumatori su un punto vendita recuperando i margini persi per aumentare le vendite di altri prodotti. Es. vendite sotto costo)
  4. Promozione: riguarda la comunicazione aziendale in senso stretto: sales promotion, fiere specializzate, relazioni pubbliche (ufficio stampa, sponsorizzazioni, pubblic affarirs: gestisce la relazione tra l'azienda e tutti i suoi pubblici), direct marketing (sviluppa relazioni con i clienti, presenta un nuovo prodotto con azioni personalizzate), pubblicità (si occupa di promuovere un prodotto, informare il consumatore, rafforzare l'immagine e la notorietà di una marca).
    L'azienda comunica, quindi, non solo con il saper fare ma anche con il far sapere. Questi strumenti vanno usati in modo integrato.

pp.316-317

Competenza comunicativa e pubblicità

La pubblicità è l’arte di convincere i consumatori della bontà di un prodotto e di convincerli a comprarlo, usando delle immagini che stimolano la curiosità e un linguaggio che garantisce l’efficacia del messaggio. Prevede sempre un ritorno sull'investimento (ROI, return on investment), non è una comunicazione fatta per beneficenza o per impressionare.
Il famoso Carosello nato nel 1957 aveva regole ferree: all'inizio quattro spot di 1 minuto e 45 secondi, di cui solo 20-30 secondi dedicati al prodotto il cui nome poteva essere menzionato per non più di tre volte, limiti erano posti anche alla storia: niente sesso, vizio, violenza. Gli anni 80 con la nascita delle tivù private che si autofinanziano con la pubblicità, segnano un cambio del linguaggio pubblicitario con gli spot (macchia, punto in inglese, indica una breve interruzione nel gergo pubblicitario) che fanno riferimento al piacere della vita, aumentano le capacità di sintesi grazie all'evoluzione delle tecnologie della comunicazione e il contemporaneo incremento della competenza comunicativa del pubblico. È stato possibile gradualmente raccontare storie anche articolate in un tempo sempre più breve, fino a toccare i 30 secondi . Veicola messaggi stereotipati (italiani dongiovanni, farfalloni, amanti del caffè, passione per il calcio, paese della mafia...).
La pubblicità usa un linguaggio persuasivo e ricorre a più linguaggi (verbale, iconico, mimico, gestuale, prossemico, sonoro, filmico). Per realizzare le finalità comunicativa ricorre a vari veicoli (stampa, quotidiana, periodica, emittenti televisive, radiofoniche, posta, affissioni, internet). La struttura linguistica della pubblicità è rappresentata da testi brevi, sintetici, costruiti per orientare all'acquisto, ricorre alle regole retoriche (metafora, sineddoche, iperbole..) che sono una modalità di strutturazione del pensiero, e non solo della lingua, elaborate fin da Aristotele. In questo senso il testo mediale può contribuire alla conoscenza del vivere quotidiano in una comunità.
Nella pubblicità la scelta dell'immagine femminile non è casuale. Secondo una teoria antropologica, la donna è un archetipo della comunicazione, è un linguaggio che parla alla memoria ancestrale (Claude Levì Strauss). In tutte le rappresentazioni della donna in pubblicità (determinata, domestica, seduttrice, manager, vendicativa) grande è la distanza con la realtà. La cattiva pubblicità nasce dalla scarsa competenza comunicativa delle aziende che investono in pubblicità, scarso senso di responsabilità verso i cittadini, deficit creativo. L'immagine della donna passa da un ruolo accessorio (1945-50) a un confine sempre più labile con l'uomo (2000) con la femminilizzazione del corpo maschile che deve apparire sempre più perfetto come un David di Michelangelo: modo di guardare in camera, modo di camminare, ambiguità, modo di vestire, cura del sé.
La conoscenza trasmessa dal testo non è data solo dal suo messaggio, ma anche dalla specificità del medium che lo veicola. Il testo pubblicitario è un forte veicolo di significati che ha interessato, soprattutto, la semiotica. Si realizza attraverso campagne pubblicitarie con alle spalle attività di studio, ricerca, pianificazioni sui media, un budget. La competenza comunicativa si esplica nelle fasi del lavoro: il brief (documento con il quale il committente trasmette all'agenzia pubblicitaria le indicazioni per svolgere il lavoro); l'agenzia elabora la campagna che richiede indagini di mercato, scelta delle date e dei veicoli più adeguati da utilizzare. Viene indirizzata da teorie che si possono soffermare su un solo argomento di vendita (Hopkins); o proporre un singolo vantaggio concreto (Revees); o esaltare gli aspetti emotivi uniti a quelli razionali per valorizzare la marca (Ogilvy). L'importanza dei fattori emotivi nel testo pubblicitario è stato messa in luce dalla ricerche motivazionali. La massiccia esposizione a messaggi pubblicitari fin dall'infanzia dell'uomo occidentale richiede lo sviluppo di competenze da parte del fruitore per comprendere la strutturazione dei testi, le implicazioni emotive, l'analisi critica del testo come alfabetizzazione al linguaggio pubblicitario che l'istruzione formale dovrebbe contribuire a sviluppare per creare nella persona un'autonomia di giudizio.

Montani Rinalda, Segni di Sogni: il testo pubblicitario in Andar per segni. In Laura Messina, Percorsi di educazione ai media, Cleup, Padova, 2004, pp. 197-227




sabato 17 novembre 2012

Competenza comunicativa, una definizione



La teoria della competenza comunicativa fu sviluppata dall’antropologo e linguista Dell Hymes nel 1966, in risposta all'inadeguatezza della distinzione di Noam Chomsky (la competenza linguistica è semplicemente la conoscenza che il parlante-ascoltatore ha delle regole grammaticali della lingua) tra competenza e prestazione. Questo studioso riteneva che il parlante di una lingua dovesse essere in grado non solo di applicare in modo corretto le regole grammaticali per produrre enunciati linguistici validi (competenza grammaticale), ma anche di usare tali enunciati in modo appropriato in rapporto al contesto comunicativo. Hymes dunque affermava che una persona era dotata di competenza comunicativa quando era capace di scegliere “quando parlare, quando tacere, e riguardo a che cosa parlare, a chi, quando, dove, in che modo” .
La Competenza Comunicativa è quella capacità che ci permette di estrarre un certo numero di informazioni dalle frasi grazie alla comprensione di alcune parole, grazie alla capacità di interpretare il contesto in cui queste frasi sono emesse e grazie alla nostra logica e alla nostra conoscenza dei fatti del mondo. Immaginiamo di dover indovinare il significato di una frase di una lingua che non conosciamo. Se identifichiamo le parole “gatto topo mangiare” possiamo pensare che voglia dire “Il gatto vuole mangiare il topo”, ma se scopriamo che tale frase è scritta in un racconto per bambini, nulla ci impedisce di ipotizzare che possa voler dire “Il topo si è mangiato il gatto”! Implica una configurazione di tendenze innate e biologicamente universali che sono, però, soggette a fattori culturali specifici.
La Competenza Comunicativa, aiutata dalle nostre conoscenze del mondo e dalla nostra capacità di leggere i contesti e fare inferenze, ci permette dunque di orientarci, di capire alcune informazioni importanti anche senza mettere in gioco una Competenza Linguistica, ma ha dei forti limiti.
Possiamo distinguere in essa diversi aspetti:
  1. saper fare lingua (comprendere, leggere, scrivere, dialogare ecc.);
  2. saper fare con la lingua (che include la dimensione sociale, pragmatica, culturale);
  3. sapere i linguaggi verbali e non verbali ossia la competenza linguistica ed extralinguistica.
L'elemento che accomuna questi approcci è l'aspirazione a far sì che l'apprendente sviluppi la competenza comunicativa. Questa include:
  • la conoscenza del sistema linguistico (cioè sapere se o in che misura qualcosa è formalmente possibile all'interno di una data lingua), ma non si limita ad essa
  • la conoscenza psicolinguistica (sapere se o in che misura qualcosa è fattibile in virtù dei mezzi di implementazione di cui si dispone, cioè in virtù della capacità dei parlanti di trasformare una realtà mentale (il significato) in una realtà sociale ai fini della comprensione;
  • la conoscenza socioculturale (se e in che misura qualcosa è appropriato in relazione al contesto in cui è usato e valutato);
  • la conoscenza de facto, (sapere se e in che misura qualcosa è di fatto realizzato dalla comunità parlante quella lingua, e non soltanto possibile).
La competenza comunicativa non solo richiede che il parlante abbia queste conoscenze, ma anche che sviluppi l'abilità d'usarle (Hymes, 1971)
Fonti:

sabato 10 novembre 2012

Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
    - Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? - chiede Kublai Kan.
    - Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra, - risponde Marco, - ma dalla linea dell'arco che esse formano.
    Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi soggiunse: 

    - Perché mi parli delle pietre? È solo dell'arco che mi importa.
    Polo risponde:

    - Senza pietre non c'è arco.  
  
(dal libro Le città invisibili di Italo Calvino)


In occasione della nascita di questo blog, espressione della nostra community of practise, mi sembra che questa citazione dal maestro Calvino possa rappresentare un buon manifesto di intenti!

Antonio