sabato 17 novembre 2012

Competenza comunicativa, una definizione



La teoria della competenza comunicativa fu sviluppata dall’antropologo e linguista Dell Hymes nel 1966, in risposta all'inadeguatezza della distinzione di Noam Chomsky (la competenza linguistica è semplicemente la conoscenza che il parlante-ascoltatore ha delle regole grammaticali della lingua) tra competenza e prestazione. Questo studioso riteneva che il parlante di una lingua dovesse essere in grado non solo di applicare in modo corretto le regole grammaticali per produrre enunciati linguistici validi (competenza grammaticale), ma anche di usare tali enunciati in modo appropriato in rapporto al contesto comunicativo. Hymes dunque affermava che una persona era dotata di competenza comunicativa quando era capace di scegliere “quando parlare, quando tacere, e riguardo a che cosa parlare, a chi, quando, dove, in che modo” .
La Competenza Comunicativa è quella capacità che ci permette di estrarre un certo numero di informazioni dalle frasi grazie alla comprensione di alcune parole, grazie alla capacità di interpretare il contesto in cui queste frasi sono emesse e grazie alla nostra logica e alla nostra conoscenza dei fatti del mondo. Immaginiamo di dover indovinare il significato di una frase di una lingua che non conosciamo. Se identifichiamo le parole “gatto topo mangiare” possiamo pensare che voglia dire “Il gatto vuole mangiare il topo”, ma se scopriamo che tale frase è scritta in un racconto per bambini, nulla ci impedisce di ipotizzare che possa voler dire “Il topo si è mangiato il gatto”! Implica una configurazione di tendenze innate e biologicamente universali che sono, però, soggette a fattori culturali specifici.
La Competenza Comunicativa, aiutata dalle nostre conoscenze del mondo e dalla nostra capacità di leggere i contesti e fare inferenze, ci permette dunque di orientarci, di capire alcune informazioni importanti anche senza mettere in gioco una Competenza Linguistica, ma ha dei forti limiti.
Possiamo distinguere in essa diversi aspetti:
  1. saper fare lingua (comprendere, leggere, scrivere, dialogare ecc.);
  2. saper fare con la lingua (che include la dimensione sociale, pragmatica, culturale);
  3. sapere i linguaggi verbali e non verbali ossia la competenza linguistica ed extralinguistica.
L'elemento che accomuna questi approcci è l'aspirazione a far sì che l'apprendente sviluppi la competenza comunicativa. Questa include:
  • la conoscenza del sistema linguistico (cioè sapere se o in che misura qualcosa è formalmente possibile all'interno di una data lingua), ma non si limita ad essa
  • la conoscenza psicolinguistica (sapere se o in che misura qualcosa è fattibile in virtù dei mezzi di implementazione di cui si dispone, cioè in virtù della capacità dei parlanti di trasformare una realtà mentale (il significato) in una realtà sociale ai fini della comprensione;
  • la conoscenza socioculturale (se e in che misura qualcosa è appropriato in relazione al contesto in cui è usato e valutato);
  • la conoscenza de facto, (sapere se e in che misura qualcosa è di fatto realizzato dalla comunità parlante quella lingua, e non soltanto possibile).
La competenza comunicativa non solo richiede che il parlante abbia queste conoscenze, ma anche che sviluppi l'abilità d'usarle (Hymes, 1971)
Fonti:

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